Il Cammino come Terapia
Sono due mesi che cammino, due mesi in mezzo alle montagne. La Via che sto percorrendo è denominata Via Alpina. E’ un insieme di itinerari, per lo più sentieri montani, che consente a coloro che la percorrono di attraversare l’intero arco alpino europeo. Fino ad ora mi sono ritrovato a camminare in diverse nazioni, quali Slovenia, Italia, Austria e Germania, in ognuna delle quali ho riscontrato una diversa lingua ma lo stesso modo di andare in montagna. Amo la natura, e gli anni passati tra le mie montagne e le foreste in Friuli, mi hanno insegnato a rispettarla e a viverla a pieno. La mia idea, prima di cimentarmi in questa avventura, era quella di portare con me anche il necessario per scrivere, inviare e pubblicare articoli e foto con il mio computer ma questo mio essere tecnologico andava in contrasto con la mia voglia di perdermi tra le montagne e la natura, cosi ho deciso di lascarmi tutta la tecnologia alle spalle, risparmiando cosi anche qualche chilogrammo alla mia schiena, e scrivere a penna come ho sempre fatto finora. L’unico peso, in termini di materiale, che ho portato con me con piacere è stata la mia macchina fotografica e il treppiede. Indispensabile volendo condividere i posti che ho attraversato con più persone possibile. Quindi eccomi qua a metà del viaggio, con un computer a disposizione e una settimana di pausa e relax. Camminando per due mesi, sotto la pioggia, sole e vento ho avuto un sacco di tempo per pensare e formulare quello che vorrei trasmettere alle persone che incontro durante il mio viaggio e a quelle che mi leggono.
Negli ultimi giorni mi sono ritrovato a vagare per la città, e dopo un sacco di tempo passato in alta quota, devo dire che l’impatto è stato piuttosto forte. Persone dovunque, un ritmo frenetico e senza sosta anima le strade. Le macchine sfrecciano veloci tra la gente. Incrociandosi nessuno ti guarda o ti saluta, ognuno segue la propria strada. E pochi sorridono. E’ tutto cosi veloce e diverso. La mente e di conseguenza i pensieri si chiudono e si opprimono e iniziano a percepire a poco a poco lo stress del cambiamento. Quello che ho constatato negli ultimi mesi è che camminare in un luogo aperto, al di fuori del caos cittadino, fa bene al corpo ma soprattutto alla mente. Il camminare è l’essenza del movimento per noi uomini, il ritmo che viene creato passo dopo passo ci culla, corpo e mente. Mentre il corpo è in azione armonica, anche la nostra mente viaggia e si libera, ma lo fa in un modo completamente diverso da quando il corpo è fermo. E proprio perché la mente è libera, le idee nascono. Ogni giorno ognuno di noi dovrebbe dedicare una parte del proprio tempo ad una passeggiata; in un parco tra il verde degli alberi o immersi tra le montagne porta allo stesso terapeutico risultato. L’unica cosa da cercare di evitare, dal mio punto di vista, è il pieno centro città, laddove i pensieri e la nostra mente non hanno la possibilità di liberarsi e viaggiare senza ostacoli in ogni direzione. La mente, come il nostro corpo, ha bisogno di respirare, sente la necessità, di tanto in tanto, di prendere un respiro profondo di aria pulita e sana. Questo aiuta i nostri pensieri a rilassarsi e a dare un ordine alle cose, in questo modo è più semplice affrontare quei piccoli stress e problemi che sembravo affliggere la vita di ogni giorno.
Ho incontrato persone di ogni tipo, diverse culture, diversa lingua e diversa forma fisica, ma tutte sorridevano, e nonostante qualche vescica di troppo erano tutti felici e contenti di trovarsi in mezzo alla natura.
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Camminando si apprende la vita,
camminando si conoscono le persone,
camminando si sanano le ferite del giorno prima.
Cammina, guardando una stella, ascoltando una voce,
seguendo le orme di altri passi
/ Ruben Blades /
In molti mi chiedono i motivi che mi spingono ad intraprendere queste lunghe avventure e se vogliamo fatiche, e si tra giugno e luglio ho camminato tantissimo,“forse anche troppo”, ma se ci pensiamo bene ho semplicemente camminato qualche chilometro ogni giorno. Nel complesso sembra davvero un enormità ma se dividiamo le distanze in giorno dopo giorno ne viene fuori una media di 16 chilometri, che tutto sommato non è affatto troppo.
Vorrei concludere con un fatto che mi ha fatto sorridere e riflettere in ugual modo: la sera nei rifugi di montagna è consuetudine condivide la cena con altri “camminatori”, storie vengono raccontate e storie vengono ascoltate, ci si conosce e si impara sempre qualcosa di interessante e di nuovo. Quando mi viene chiesto di raccontare la mia storia, di viaggiatore e camminatore in giro per il mondo, le reazioni sono sempre fantastiche, e mi fa sentire bene far sognare e sorridere le persone. In molti mi fanno un sacco di domande su questa avventura e su quelle passate in Nuova Zelanda o in Australia, ma quando parlo con delle persone della mia stessa nazione, l’ Italia, la prima domanda è sempre la stessa: “ma tu che lavoro fai ?”