Patagonia e Poesia - Cerrro Chaltèn
Diario di viaggio: Patagonia
Il Cerro Chaltén (noto anche come monte Fitz Roy) è una montagna situata in Patagonia, al confine tra l'Argentina e il Cile. Raggiunge un'altezza di 3.405 metri sul livello del mare. È uno dei simboli della Patagonia.
Il nome Chaltén deriva dalla parola in lingua aoniken che significa la montagna che fuma (a causa delle frequenti nuvole che si addensano sulla sua sommità), e il popolo mapuche la considerava una montagna sacra.
Il condor delle Ande è un altro importante simbolo della Patagonia. Un animale leggendario che raggiunge un’ apertura alare di 300-320 centimetri è secondo solo all’ albatro. È un animale necrofago, si nutre principalmente di carcasse, ma all'occorrenza può predare uova e piccoli di altri uccelli.
Ed eccoli qua i due simboli della Patagonia uno a fianco dell’altro, Cerro Chaltèn, la montagna che fuma, con le nuvole ( il fumo ) a coprirne parzialmente la cima e un condor maschio che volteggia al suo fianco sfruttando il vento a suo vantaggio.
Una giornata fortunata.
C’è una poesia che mi è stata “regalata”, in una giornata di autunno in montagna, da una cara signora che era passata a trovarmi in rifugio. Mi ha chiesto di farle vedere una o due foto dei miei viaggi in Patagonia e le ho fatto vedere queste. “Ah Tommaso ti leggo una poesia sul Condor di Charles-René Marie Leconte de Lisle“.
Ho provato a tradurla come meglio riuscivo con l’aiuto di un traduttore, la versione orinale la si può trovare a questo link.
Il sonno del Condor
Oltre le fredde e impervie alture delle Ande,
oltre le nebbie spettrali in cui nidificano le aquile nere,
ma più in alto, volteggia avanti e indietro,
e sopra il flusso sanguinoso dei rivoli di lava. Su queste
ali enormi, sfumate di rosso, si libra pigramente
l'enorme condor, pieno di cupa indolenza plana e vola,
guardando il vuoto con occhi indifferenti
sorvolando il continente Americano, in silenzio.
Quegli occhi scintillanti riflettono il sole che tramonta e la notte che arriva da est.
L'oscurità lascia le pampas selvagge che
rannicchiate sotto le pareti rocciose e a strapiombo
si allargano all’ infinito.
Ora il Cile dorme. Le città e i paesi della sua costa, da questa altezza,
si riducono a sognare se stesse nella luce che svanisce.
L'Oceano Pacifico, privo di caratteristiche, spazia
verso quell'orizzonte della mente
che persino il cielo può difficilmente comprendere.
Il nero avvolge il paesaggio per estendersi
dalla sabbia alle colline sempre più alte, dietro le quali
svettano le alte cime delle montagne. La marea
dell'oscurità sale inesorabilmente; cerca
un brandello di rosso ancora visibile sulle cime
dove sembra che il ghiaccio sia stato ferito e sia morto.
Continuando a salire, si avvicina all'uccello solitario e spettrale
che quasi scompare, se non fosse per il luccichio
della Croce del Sud che offre almeno un accenno di movimento
da qualche parte lassù. Imperterrito,
grida di gioia, si lancia in picchiata, si alza in volo e agita la neve
in sbuffi avvolgenti che presto si placano
prima di salire ancora più in alto per la sua corsa
nel freddo e nel vuoto che preferisce.
Sotto di lui un pianeta affollato si agita. Il suo rumore
non si avvicina neanche lontanamente a lui e il suo vuoto primordiale.
Sospeso lì, sonnecchia, in un gelido equilibrio.
Charles-René Marie Leconte de Lisle